Le Valli del Natisone
a cura di Giuseppe Muscio, Paola Visentini
Introduzione al percorso
Le Valli del Natisone, con la porzione della Valle del Judrio e del Collio al confine fra le province di Udine e Gorizia, rappresentano la porzione meridionale delle Prealpi Giulie. La morfologia del territorio è legata alla sostanziale unitarietà litologica con un netto dominio del Flysch (Cretaceo sup.- Eocene) con i suoi banconi carbonatici: se ne contano alcune decine ma solo pochi hanno uno spessore di diversi metri e condizionano così il paesaggio che appare quello di colline e rilievi di bassa-media quota, dalle morfologie dolci a volte interrotte dall’affiorare di questi livelli carbonatici che creano pareti ripide, se non verticali.
Solo la porzione più Nord-orientale rappresentata dalle cime più elevate dell’area, i massicci dei monti Matajur (1641 m slm) e Mia (1237 m slm), è costituita da depositi prevalentemente carbonatici (dal Triassico sup. al Cretaceo, cfr. Fig. 19) così da mostrare forme più aspre, spesso con roccia ben affiorante ove le forme carsiche superficiali sono presenti in maniera eclatante come quelle del Monte Glava (parte orientale del Matajur).
Le valli fluviali sono ben incise e solo il Natisone presenta un alveo che inizia ad ampliarsi a valle di San Pietro al Natisone sino a scorrere in un’area di “pianura” già fra Purgessimo, San Quirino e San guarzo. Il fiume mantiene però una forte capacità erosiva, come dimostra il tratto che attraversa Cividale del Friuli o la stupenda forra di Premariacco. L’area non è stata interessata dai ghiacciai würmiani e le vallate non mostrano tracce del loro passaggio, ma durante il LGM (29-19.000 anni fa) il ghiacciaio dell’Isonzo bordava a Nordest questo territorio. Proprio all’attività glaciale è connesso il continuo variare del percorso del Natisone che in passato scorreva lungo la Valle di Pradolino (ora completamente abbandonata), per venire poi “catturato” dall’Isonzo e passare ora per Robič e, con un’ansa spettacolare, piegare a Sud per seguire il suo corso attuale. Così per un lunghissimo tempo queste valli sono sempre state abitabili e ben percorribili
Sulle orme dei primi esploratori (SR, PV)
Delle numerose cavità, tra grotte, ripari e sistemi sotterranei complessi, che si aprono nel territorio compreso tra la Valle del Torre e quella del Judrio, solo diciannove sono state abitate in epoca antica e testimoniano una presenza dell’uomo a partire da circa 13.000 anni fa.
La conoscenza delle potenzialità archeologiche di quest’area era ben nota già nella seconda metà dell’Ottocento, allorquando alcuni naturalisti, tra i quali ricordiamo Achille Tellini, Giovanni Battista De Gasperi, Ardito Desio, Francesco Musoni ed Egidio Feruglio condussero le prime avventurose ricerche nei depositi di alcune grotte.
Tra le più note, oggetto di ricerca in passato ma anche in tempi recenti, figurano una serie di cavità al momento di difficile accesso e quindi genericamente tratteggiate in questa nota: la Grotta di Cladrecis, la Šuošterjova Jama e il Foràn di Landri, frequentate dall’uomo in un ampio arco cronologico; la Velika Jama e il Ciondar des Paganis con importanti testimonianze archeologiche riferibili al III millennio a.C. (vedi scheda a pagg. 106-109). A seguire un percorso che riassume la storia archeologica delle Valli del Natisone.
Gli itinerari
Sulle orme dei primi esploratori
Delle numerose cavità, tra grotte, ripari e sistemi sotterranei complessi, che si aprono nel territorio compreso tra la Valle del Torre e quella del Judrio, solo diciannove sono state abitate in epoca antica e testimoniano una presenza dell’uomo a partire da circa 13.000 anni fa.
Tra le più note, oggetto di ricerca in passato ma anche in tempi recenti, figurano una serie di cavità al momento di difficile accesso e quindi genericamente tratteggiate in questa nota: la Grotta di Cladrecis, la Šuošterjova Jama e il Foràn di Landri, frequentate dall’uomo in un ampio arco cronologico; la Velika Jama e il Ciondar des Paganis con importanti testimonianze archeologiche riferibili al III millennio a.C. (vedi scheda a pagg. 106-109). A seguire un percorso che riassume la storia archeologica delle Valli del Natisone.
La conoscenza delle potenzialità archeologiche di quest’area era ben nota già nella seconda metà dell’Ottocento, allorquando alcuni naturalisti, tra i quali ricordiamo Achille Tellini, Giovanni Battista De Gasperi, Ardito Desio, Francesco Musoni ed Egidio Feruglio condussero le prime avventurose ricerche nei depositi di alcune grotte.
1 - Grotta del Monte Brischis o di Cladrecis
3351/1739 FR, Cladrecis, Prepotto
WGS84: Lat. 46,06633333; Long. 13,50338889 Quota ingresso: 216 m slm; Sviluppo planimetrico: 9,5 m; Dislivello: -2 m. - Vedi scheda catastale
La Grotta di Cladrecis si apre sul Monte Brischis (Prepotto), nella Valle del Judrio, nei pressi di una sorgente di acqua dolce. È raggiungibile con un sentiero di facile percorrenza, ma non segnalato, che si diparte dalla strada che da Cras sale verso Cladrecis (Fig. 155). La grotta è chiusa da un’inferriata. Scoperta dai soci del gruppo “L.V. Bertarelli” du- rante alcune esplorazioni a carattere speleologico nel 1977, fu in seguito oggetto di scavi condotti dai Musei Provinciali di Gorizia, che custodiscono ed espongono una selezione dei materiali, e dall’Università degli Studi di Trieste. Sulla base dei dati raccolti la frequentazione della grotta si riferisce a un periodo compreso tra Mesolitico e Bronzo Antico
2 - Šuošterjova Jama
317/300 FR, Specognis, Pulfero
WGS84: Lat. 46,18563519; Long. 13,47422814 Quota ingresso: 245 m slm; Sviluppo planimetrico: 47 m; Dislivello: +25 m - Vedi scheda catastale
La grotta è posta nella Valle del Fiume Natisone, circa 500 metri a Nord dell’abitato di Specognis (Pulfero), ed è raggiungibile attraverso un sentiero segnalato, ma piuttosto impervio e a volte esposto. La cavità si apre con un ampio portale (circa 8x6 m) che conduce al vasto salone interno (Fig. 156); un basso cunicolo porta ad una saletta interna che presenta concrezioni e alcune pozze con acqua.
Fu oggetto di rinvenimenti occasionali già verso la fine del XIX secolo, a cui seguì lo scavo di Egidio Feruglio nel 1923. Le indagini portarono alla rimozione di alcuni metri cubi di materiale e alla scoperta di reperti fittili, litici e faunistici, attualmente custoditi presso il Museo Archeologico Nazionale di Cividale del Friuli. Da scavi compiuti in seguito provengono numerosi reperti archeologici e faunistici, oggi depositati presso il Museo Friulano di Storia Naturale e il Circolo Speleologico e Idrologico Friulano, che appaiono riferibili ad una fase pleistocenica a clima freddo, quando la cavità, prossima al fronte glaciale, servì da rifugio invernale per gli animali (Marmota marmota, Ursus spelaeus), e ad una successiva fase olocenica contraddistinta da una frequentazione antropica discontinua ma di lunga durata, inquadrabile tra la Protostoria e il Medioevo.
3 - Foràn di Landri
11/46 FR, Prestento, Torreano
WGS84: Lat. 46,1489810; Long. 13,4043660 Quota ingresso: 435 m slm; Sviluppo planimetrico: 263 m; Dislivello: -6, +50 m. - Vedi scheda catastale
È una cavità posta sulla destra orografica del Torrente Chiarò di Prestento. Il sentiero di accesso, indicato come “Prestento-Landri”, si raggiunge poco a Nord di Prestento. Giunti nei pressi delle ultime case (Borgo Bennati), seguendo una strada che diviene sterrata e ai cui bordi è possibile parcheggiare l’auto, si arriva alla base del sentiero che, sulla sinistra, conduce all’ingresso del Foràn di Landri. La cavità è una antica risorgiva, ora raramente attiva, che si sviluppa alla base di un bancone carbonatico. Un piccolo terrazzo rende agevole l’ingresso (Fig. 157), costituito da un ampio portale che dopo pochi metri conduce ad un vasto salone, oltre il qua- le si sviluppano oltre 200 m di gallerie. Il materiale archeologico, raccolto nel sito e conservato presso il Museo Archeologico Nazionale di Cividale del Friuli e il Museo Friulano di Storia Naturale, testimonia l’utilizzo della grotta da parte dell’uomo per un lungo periodo di tempo, forse a fini pastorali, visto lo strato organico (livello di “strame marcio”) rinvenuto nel corso degli scavi condotti da Egidio Feruglio nel 1920 e 1921.
4 - Velika Jama
164/13 FR, Tercimonte, Savogna
WGS84: Lat. 46,16629288; Long. 13,55064195 Quota ingresso: 382 m slm; Sviluppo planimetrico: 37 m; Dislivello: -2 m. - Vedi scheda catastale
La Velika Jama è un’ampia cavità (Fig. 158) che si apre sulla destra orografica del Torrente Rieka, a Tercimonte (Savogna). È raggiungibile con un sentiero impervio che è segnalato sulla strada verso Cepletischis all’altezza di Ponte Rante, ma il cui tracciato non è sempre visibile e praticabile. A partire dai primi anni del secolo scorso, è stata oggetto di numerosi interventi di scavo. I reperti rinvenuti si inquadrano sostanzialmente tra III e II millennio a.C. e sono attualmente custoditi nelle collezioni del Museo Friulano di Storia Naturale e del Circolo Speleologico e Idrologico Friulano
5 - Ciondar des Paganis
310/57 FR, Poiana, Attimis
WGS84: Lat. 46,16779975; Long. 13,34167010 Quota ingresso: 460 m slm; Sviluppo planimetrico: 21 m; Dislivello: -1, +2 m. - Vedi scheda catastale
Si tratta di una caverna ubicata sopra l’abitato di Poiana (Attimis), di non semplice accessibilità per l’assenza di segnaletica e di un sentiero facilmente praticabile. L’ingresso, a sezione triangolare e preceduto solo da un ridottissimo terrazzo, consente l’accesso ad una stretta sala con una breve dirama- zione laterale (Fig. 159).
Scoperta dal Circolo Speleologico Idrologico Friulano sul finire del XIX secolo è stata in seguito oggetto di ripetuti interventi di scavo a partire dal 1914, quando il geologo friulano Egidio Feruglio compì le sue prime ricerche in collaborazione prima con Ardito Desio e poi con Giovanni Battista De Gasperi (cfr. Visentini, in questo volume).
Il materiale archeologico del Ciondar des Paganis, ora custodito presso il Museo Friulano di Storia Naturale e il Circolo Speleologico e Idrologico Friulano, si compone di pochi reperti ceramici, in- quadrabili nel III millennio a.C. e di alcuni oggetti di pregio che lasciano ipotizzare l’uso della cavità quale luogo di sepoltura (vedi scheda a pagg. 106- 109).
La storia delle Valli
Il percorso che proponiamo offre la possibilità di visitare due cavità di questo territorio che hanno il pregio di rappresentare, spesso in maniera estremamente scenografica, il momento più antico e più recente della frequentazione archeologica dell’area. Altro aspetto non trascurabile è la loro accessibilità, la disponibilità di servizi di visita e la loro vicinanza. Non è superfluo ricordare che, sulla base di uno studio recente, queste due grotte erano tra loro visibili anche in antichità.
Il percorso si sviluppa lungo la Strada Statale 54 che da San Pietro al Natisone corre parallela al Fiume Natisone.
6 - Riparo di Biarzo
2999/1489 FR, Biarzo, San Pietro al Natisone WGS84: Lat. 46,14500745; Long. 12,48608256 Quota ingresso: 164 m slm; Sviluppo planimetrico: 17 m; Dislivello: +1 m. - Vedi scheda catastale
La prima tappa di questo percorso è il Riparo di Biarzo, un sito tra i più antichi noti in questo territorio.
Superato San Pietro al Natisone si gira a sinistra verso la località di Biarzo dove, giunti alla fine del paese, lasciata l’auto, si prosegue lungo uno sterrato verso il Natisone sino a raggiungere in pochi minuti un ex-mulino che funge anche da centro visite: poco a monte si apre l’ampio riparo (Fig. 160). L’area, attraversata da un sentiero storico-naturalistico (che consente di raggiungere il Riparo anche dalla Strada Statale), e l’intero complesso sono curati dalla Pro Loco di Ponteacco (tel. +39 339 8752452, e-mail info@ponteacco.it, https://lnx.ponteacco.it/wp/ e https://it-it.facebook.com/prolocoponteacco/).
Il centro visite, ricavato nel mulino, espone la rappresentazione di un cacciatore mesolitico e offre l’opportunità di osservare, proposti in replica, alcuni dei reperti rinvenuti nel deposito archeologico.
I materiali originali sono custoditi presso il Museo Friulano di Storia Naturale (Fig. 161); in attesa della loro esposizione nelle sale, essi sono stati più volte oggetto di mostre e attualmente risultano consultabili nel sito dell’ERPAC, tra i percorsi dell’area archeologica (http://www.ipac.regione.fvg.it).
7 - Grotta di San Giovanni d’Antro
4/43 FR, Antro, Pulfero
WGS84: Lat. 46,15103278; Long. 13,47308612 Quota ingresso: 350 m slm; Sviluppo planimetrico: > 4000 m; Dislivello: +96 m. - Vedi scheda catastale
Il percorso prosegue e si conclude a S. Giovanni d’Antro, “fortezza” a picco sulla valle, di grande impatto visivo. Per raggiungerlo si segue la Strada Statale 54 verso Nord e, superata la località di Tiglio, si svolta a sinistra in direzione Antro. Lasciata l’auto nel piazzale, un suggestivo sentiero nel bosco conduce alla base dell’imponente scalinata in pietra che dà accesso alla grotta, oggi protetta da strutture fortificate stratificatesi nel tempo.
Il percorso di visita consente di apprezzare, accanto gli aspetti naturalistici del luogo ancora modellato dalle acque, quelli storico-monumentali che testimoniano la lunga vita del sito, selezionato nei secoli quale punto di difesa oltre che sede di culto religioso a partire da un momento precedente il IX secolo (Fig. 162). L’aspetto attuale è frutto di notevoli rimaneggiamenti intercorsi tra il Medioevo e l’epoca rinascimentale.
Per quanto riguarda la fauna quaternaria è interessante citare il rinvenimento di numerosi resti di orso delle caverne.
La cavità ha uno sviluppo di oltre 4 km ed è idrologicamente attiva, anche se attualmente l’acqua esce alcune decine di metri più in basso e solo in caso di piene invade la galleria ad uso turistico.
Per informazioni relative alle modalità di visita rivolgersi all’Associazione “Tarcetta” (tel. +39 353 4251507, e-mail ass.tarcetta@gmail.com). Necessità legate alla tutela e conservazione del luogo consentono l’accesso solo su prenotazione: il calendario delle aperture, gli orari e i dettagli pratici sono disponibili su www.grottadantro.it/dove-e-quando/).