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Pradis e il suo Altopiano

a cura di Giuseppe Muscio, Paola Visentini

Introduzione al percorso

Collocato a cerniera tra l’Alta Pianura Friulana e le Prealpi Carniche (Fig. 163), l’Altopiano di Pradis occupa una posizione strategica per l’accesso al territorio alpino e all’alto bacino del Tagliamento. La sua facilità di accesso è significativa anche dal punto di vista turistico: Pradis, con il complesso delle Grotte Verdi e il ricco patrimonio archeologico preistorico rappresentato dalle testimonianze delle frequentazioni paleolitiche avvenute da parte dell’Uomo di Neanderthal e di Homo sapiens nelle Grotte Verdi stesse, alla Grotta del Rio Secco e alla Grotta del Clusantin, offre un percorso pubblico di fruizione che culmina con la visita al Museo della Grotta nella frazione di Gerchia (Fig. 168), dove sono esposti i reperti più interessanti rivenuti e studiati nel corso degli scavi archeologici e delle ricerche coordinate dall’Università di Ferrara.
Il Museo nasce come raccolta permanente nel 1969 ad opera del Comitato Culturale e del Gruppo Speleologico di Pradis, e la sede attuale si trova nelle immediate vicinanze delle Grotte Verdi. L’allestimento ad oggi presenta il mondo delle grotte dal punto di vista della sua frequentazione da parte degli animali e dell’uomo, attraverso un’esposizione di resti paleontologici e di reperti archeologici, frutto di rinvenimenti casuali e di recenti indagini scientifiche.

L’altopiano si presenta modellato per due terzi della sua estensione in rocce carbonatiche (Calcari del Monte Cavallo del Cretaceo) e per il restante in rocce terrigene (Flysch del Cretaceo sup.-Eocene; cfr. Fig. 17): i terreni in rocce carbonatiche sono caratterizzati dalla scarsità di elementi idrografici e da un’evoluzione carsica molto spinta che in superficie ha dato forma a un microrilievo accidentato per la presenza di forme carsiche superficiali, doline, inghiottitoi, spesso allineati lungo le fratture principali. Il sottosuolo è percorso da un fitto reticolo di oltre duecento cavità esplorate, alcune delle quali si sviluppano per diversi chilometri nel sottosuolo. I pochi corsi d’acqua presenti scorrono sul fondo di forre strette e profonde con numerosi ripari e caverne sui fianchi delle incisioni. Frequentato in diversi momenti del Paleolitico, soprattutto tra 50 e 14.000 anni fa, quando i cacciatori risalivano la montagna per la caccia estiva al cervo e allo stambecco, l’Altopiano di Pradis presenta un ricco patrimonio archeologico. Dopo le ricerche degli anni ’70 alle Grotte Verdi, nuove scoperte sono state effettuate alla Grotta del Clusantin e alla Grotta del Rio Secco: esse raccontano di un paesaggio del passato che, per quanto frammentario e mutevo- le a causa dei cambiamenti climatici, può essere ricostruito nei suoi lineamenti essenziali. Il rapporto tra l’Uomo e l’ambiente costituisce per l’appunto uno dei principali obiettivi delle ricerche archeologiche e paleoambientali moderne.
L’esistenza di un importante bacino di caccia a poche ore di cammino dalla Pianura Friulana doveva essere sicuramente percepita e radicata nella memoria di questi gruppi nomadi, costretti a trasportare in quota le selci da scheggiare per le attività economi- che e venatorie. Proprio la selce ci fornisce un’idea della vastità dei territori abitati migliaia di anni fa, quando la densità demografica era assolutamente incomparabile con quella attuale: una manciata di abitanti copriva un territorio di centinaia di chilometri quadrati a partire dal margine orientale delle Prealpi Venete, interessando anche il vicino Piancavallo.

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163 > Panoramica sull’Altopiano di Pradis e il Monte Pala visti dal Monte Taeit: sulla destra la forra del Torrente Cosa


Gli itinerari

Pradis e il suo Altopiano

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1 - Grotta 1° nella Forra del Rio Secco

3810/2090 FR, Campone, Clauzetto WGS84: Lat. 46,24536142; Long. 12,87107474 Quota ingresso: 567 m slm; Sviluppo planimetrico: 6,5 m; Dislivello: -0,6 m. - Vedi scheda catastale

In questo panorama si inserisce la Grotta del Rio Secco che custodisce e delinea un enorme potenziale scientifico per studiare la mobilità, l’occupazione del territorio, lo sfruttamento delle risorse minerali e non minerali da parte dell’Uomo di Neandertal e dei primi Uomini Anatomicamente Moderni dell’area. Al momento, la grotta (Fig. 164) non è raggiungibile con un percorso in sicurezza: il sentiero attuale si snoda alla base della paretina rocciosa di sinistra della forra torrentizia, senza alcuna protezione e,pertanto, va posta una grandissima attenzione nel percorrerlo.
La forma della cavità ed altre sue caratteristiche fanno ipotizzare che le zone dove i cacciatori neandertaliani svolsero le loro attività (scheggiatura, macellazione, cottura delle carni, trattamento delle pelli ecc.) fossero sia atriali che più interne alla grotta. La presenza verso il fondo di un’ampia camera-galleria ricca di sedimento aumenta inoltre la disponibilità e il possibile utilizzo di “ambienti” diversificati. La porzione medio-inferiore del deposito di riempimento ha restituito reperti faunistici di orso delle caverne (Ursus spelaeus) e marmotta (Marmota marmota) ma anche di ungulati predati e macellati dai neandertaliani. Inoltre, è stata scoperta nei medesimi livelli frequentati dai Neandertal una terza falange ungueale di aquila reale recante tagli intenzionali finalizzati al ricavo dello spettacolare artiglio corneo. Si tratta di un eccezionale caso di espressione simbolica neandertaliana. Maggiori dettagli sugli aspetti archeozoologici e paletnologici a pagg. 76-79 e nella scheda di pagg. 94-95 del volume.

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164 > La Grotta di Rio Secco con l’area di scavo

2 - Caverna Mainarda

574/242 FR, Campone, Clauzetto WGS84: Lat. 46,24795448; Long. 12,88379146 Quota ingresso: 530 m slm; Sviluppo planimetrico: 45 m; Dislivello: -3 m. - Vedi scheda catastale

Dal Museo di Pradis si segue la strada verso Campone e dopo 400 m circa si può scendere verso destra, con grande prudenza, entrando in una vasta dolina (circa 20x20 m), coperta da vegetazione, al cui fondo, nel lato Sud, si apre la Caverna (Fig. 165), cui si accede attraverso un portale di 7x2 m. L’atrio è vasto ma dopo 10 m un enorme masso staccatosi dalla volta (dove le tracce del crollo sono ancora ben evidenti), ostruisce per metà la grotta. La caverna termina con una fessura non percorribile, in forte pendenza e fangosa. Il collegamen- to tra questa cavità e il resto del vasto sistema La Val-Noglar-Battei (Complesso Carlo Finocchiaro) è stato accertato ma non è transitabile. Negli anni Sessanta è stata rinvenuta una trentina di strumenti in selce riferiti al Paleolitico-Epigravettiano ma i successivi sondaggi (2002) non hanno dato alcun risultato. Oltre ai resti di orso delle caverne (vedi a pag. 74 del volume), interessante anche il rinvenimento di una armilla in bronzo di età tardo romana (IV-V secolo d.C.) che ha fatto ipotizzare un uso funerario della cavità.

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165 > L’ingresso della Caverna Mainarda

3 - Grotte Verdi di Pradis

8/116 FR, Gerchia, Clauzetto WGS84: Lat. 46,2463631; Long. 12,88674551 Quota ingresso: 523 m slm; Sviluppo planimetrico: 63 m; Dislivello: -5 m. - Vedi scheda catastale

Con il nome di Grotte Verdi di Pradis si indica un gruppo di cavità situate lungo la forra del Torrente Cosa nei pressi della località Gerchia. Sono facilmente raggiungibili attraverso un ampio e sicuro accesso di fronte al parcheggio principale, bene indicato dalla pannellistica. Il percorso di visita, a pagamento, è articolato e comprende la discesa nella forra antistante, l’esplorazione di cavità e gallerie e il raggiungimento di alcuni punti panoramici.
Le Grotte Verdi (Fig. 166) e i ripari limitrofi vennero in parte svuotati negli anni ’60 per rendere fruibile l’area al turismo e, negli anni ’70, furono indagati da G. Bartolomei dell’Università di Ferrara, che raccolse numerosi resti faunistici, in particolare di marmotta. Le Grotte hanno restituito anche utensili in selce riferibili al Paleolitico medio, similmente a quanto rilevato nella vicina Grotta del Rio Secco. Maggiori dettagli sugli aspetti archeozoologici e paletnologici a pagg. 76-79 e nella scheda di pagg. 94-95 del volume.

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166 > L’ingresso delle Grotte Verdi di Pradis
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168 > Il Museo delle Grotte di Pradis

4 - Grotta del Clusantin

8311/5129 FR, Gerchia, Clauzetto WGS84: Lat. 46,24653257; Long. 12,88843788 Quota ingresso: 471 m slm; Sviluppo planimetrico: 10 m; Dislivello: 0 m. - Vedi scheda catastale

La Grotta del Clusantin si affaccia sul lato Ovest dell’omonima dolina, quest’ultima posta immediatamente a Nord del parcheggio antistante le Grotte Verdi. Da qui, la discesa verso la dolina si snoda a fianco del punto ristoro e lambisce l’area attrezzata ricreativa, peraltro raggiungibile anche da una diramazione di via Pradis di Sotto. La grotta è accessibile anche dal lato Sud della Clapadòrie, una mulattiera che sale verso Gerchia e il Museo della Grotta in Piazza IV Novembre. Per la sua favorevole posizione (Fig. 167) e l’importanza dei rinveni- menti, questo sito viene utilizzato anche per svolgere attività didattiche. Oggetto di un’approfondita indagine condotta nel 2005, questa piccola cavità fu utilizzata 14.000 anni fa come riparo da cacciatori-raccoglitori della fine del Paleolitico superiore (Epigravettiano). Il 91% dei resti faunistici è rappresentato da marmotte e il loro studio ha permesso di ipotizzare che il Clusantin era un sito di caccia specializzata. Maggiori dettagli sugli aspetti archeozoologici e paletnologici a pagg. 76-79 e nella scheda di pagg. 94-95 del volume.

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67 > La Grotta del Clusantin, al bordo di un’ampia dolina