34 | Grotta Azzurra
Nomi e numeri catastali
Nome principale: Grotta Azzurra
Nome principale sloveno: Zidaričeva pejca
Numero catasto: 34
Numero catasto locale: 257VG
Numero totale ingressi: 2
Ingresso principale
Data esecuzione posizione: 31/08/2000
Affidabilità posizione: Corretto
Presenza targhetta: Si Area geografica: Carso Triestino Comune: Duino Aurisina / Devin Nabrežina Area provinciale: Trieste Metodo rilevamento: STRUMENTALE -> GPS differenziale Lat. WGS84: 45,75288417 Lon. WGS84: 13,70508013 Est RDN2008/UTM 33N: 399286.14 Nord RDN2008/UTM 33N: 5067407.155 Quota ingresso: 252 m
Caratteristiche
Sviluppo planimetrico: 235 m
Profondità: 45,8 m
Dislivello totale: 45,8 m
Quota fondo: 208,2 m
Descrizione dei vani interni della cavità
La Grotta Azzurra è una delle più note del Carso Triestino, sia per la facilità di accesso e per la notevole estensione, sia per l'interesse archeologico che riveste. Il nome, assegnatole dal dott. Marchesetti, non trova fondamento in una particolare colorazione, ma nel fatto che dal fondo della sala si scorge un lembo di cielo e il debole riverbero azzurrognolo della luce diurna rischiara la caverna di fondo.
Superato il bel portale d'ingresso e seguendo un sinuoso sentiero che si snoda lungo il pendio detritico, si raggiunge dopo un centinaio di metri la base pianeggiante della sala principale. Da qui, sulla sinistra si prosegue per una sessantina di metri lungo una galleria che va progressivamente restringendosi fino ad incontrare un deposito calcitico che impedisce ogni ulteriore prosecuzione.
Già in epoca preistorica l'uomo si inoltrò fin nella parte più interna della cavità e forse vi abitò saltuariamente, anche se mancano prove sicure in proposito. Una numerosa comunità soggiornò invece per lunghissimo tempo nella dolina antistante la grotta e nell'atrio di questa, dando luogo all'accumulo di un potente deposito, spesso alcuni metri, nel quale vi sono abbondanti resti di ogni periodo. In un profondo scavo eseguito dal Radmilli, a ridosso della parete destra dell'ingresso, è stato raggiunto un livello contenente moltissimi oggetti di selce lavorata, di piccole dimensioni e di fattura particolare: si tratta di un'industria mesolitica che in questa grotta è stata per la prima volta accertata nell'ambito del Carso. Lo stesso livello è stato in seguito raggiunto da scavi sistematici effettuati in altre grotte carsiche (VG 1096, VG 2433, VG 4167, ecc.). Nelle argille della zona più profonda della grotta, invece, deve giacere una grande quantità di ossa di animali, probabilmente trascinate dalle acque assorbite un tempo dalla caverna. Il gen. Lomi rinvenne, con qualche limitato assaggio, molti resti di Ursus spelaeus e di altri animali pleistocenici assieme ad un dente umano.
Durante la prima guerra mondiale gli Austriaci eseguirono nella cavità notevoli lavori di adattamento, dei quali restano tutt'oggi evidenti vestigia. Nella dolina ed all'imbocco sorsero baraccamenti per la truppa, lungo la china detritica venne tracciato un comodo sentiero rialzato, a tornanti, che raggiungeva la parte pianeggiante, mentre con scivoli appositamente costruiti si convogliò l'acqua di stillicidio in due capaci vasche di cemento. Com'era normale precauzione per le grotte di guerra, si scavò anche una galleria artificiale che raggiungeva l'esterno con una scalinata, onde assicurare la possibilità di fuga in caso di blocco dell'ingresso principale.
Va rilevato che in questa grotta sono presenti numerosissimi individui di Orotrechus muellerianus, uno dei più interessanti troglobi del Carso.DESCRIZIONE:RAMO SUD OVEST:
l'ingresso di questo ramo, poco frequentato, si apre a breve distanza dalla vasca per la raccolta dell'acqua che si incontra a destra, alla fine della discesa; si sviluppa sempre molto basso, in direzione Sud e quindi Sud Ovest ed Ovest. Il fondo, piano ed argilloso, non presenta possibilità di prosecuzione se si eccettua uno sprofondamento alla fine del ramo che parrebbe raccogliere le acque di stillicidio.