2305 | Grotta Lazzaro Jerco
Nomi e numeri catastali
Nome principale: Grotta Lazzaro Jerco
Numero catasto: 2305
Numero catasto locale: 4737VG
Numero totale ingressi: 1
Ingresso principale
Data esecuzione posizione: 31/08/2001
Affidabilità posizione: 3º gruppo riposizionamento regionale GPS (2001)
Presenza targhetta: Si Area geografica: Carso Triestino Comune: Monrupino / Repentabor Area provinciale: Trieste Metodo rilevamento: STRUMENTALE -> GPS differenziale Lat. WGS84: 45,70885021 Lon. WGS84: 13,80572597 Est RDN2008/UTM 33N: 407040.925 Nord RDN2008/UTM 33N: 5062393.114 Quota ingresso: 302 m
Caratteristiche
Sviluppo planimetrico: 450 m
Profondità: 300 m
Dislivello totale: 300 m
Quota fondo: 2 m
Descrizione dei vani interni della cavità
L'esplorazione della cavità iniziò 1967, quando un gruppo di speleologi della Commissione Grotte E. Boegan, constatata la presenza di notevoli correnti d'aria sul fondo della dolina in cui ora si apre la cavità, inizia una campagna di scavi che venne abbandonata nel 1971, dopo aver raggiunto la profondità di 27m, praticamente tutti artificiali (solo 5m furono trovati liberi, dei restanti, 10m furono aperti con mine e 12 vuotati dai detriti), ed uno sviluppo di 5m.
Nel 1987 la Commissione Grotte ricominciò le esplorazioni, seguendo l'aria che fuoriusciva dalla frana a 9-10m di profondità. Venne scavato un nuovo pozzo, scaricando il materiale di scavo nel vecchio pozzo: dopo 7 mesi gli scavatori giunsero nuovamente a quota -27, alla base di un pozzo semiartificiale, franoso, parallelo a quello costruito negli anni '60, in un ambiente estremamente instabile che comunicava, attraverso un esiguo passaggio, con il vecchio pozzo.
Dieci anni dopo si riprendono le esplorazioni, dopo aver puntellato (ed in qualche punto cementato) le pareti da -4 al fondo (-21) dove alcuni grossi massi incombenti vengono bloccati con putrelle d'acciaio cementate alle pareti.
Iniziano così gli scavi in quello che diverrà il "Ramo Est", che viene scavato fino a -40, incontrando strada facendo una piccola galleria concrezionata e sboccando, nel febbraio del 1998, in un pozzo naturale, profondo 12m cui segue un altro pozzo che scende per oltre 40m portando in una serie di belle gallerie e caverne riccamente concrezionate, che portano la profondità della cavità a -123m ed il suo sviluppo a 220m. Tutta la prima parte della cavità viene attrezzata con scale fisse e luce elettrica.
Questo nuovo ramo, pur essendo molto bello, non presenta traccia della corrente d'aria originale, che viene in seguito rintracciata nella frana, a quota -35. Lo scavo viene perciò ripreso da capo a quota -10, spostandosi qualche metro più ad Ovest. Viene così scavato un terzo pozzo parallelo, profondo una decina di metri, che torna a raggiungere la zona di massi bloccati dalle putrelle dove viene sistemato un campo base per depositare gli attrezzi. Le pareti del pozzo, in frana su tre lati, sono imbrigliate da tubi Innocenti e reti d'acciaio elettrosaldato e la discesa viene armata con scale fisse. Da -21, gli scavi proseguono sempre in frana, in direzione Ovest, procedendo tra grandi massi che vengono via via messi in sicurezza. Lungo tutto questo ramo, che diventerà il Ramo Ovest, vengono installate scale fisse e viene prolungata la linea elettrica. Raggiunta quota -38, strisciando tra i massi, si riesce ad intravedere nuovamente una parete, sia pure molto fessurata. Lo scavo prosegue nella frana in verticale, fino a -45, con la parete sempre a qualche metro di distanza. Da qui, con alcuni ardui e pericolosi passaggi si raggiunge quota -60, dove il pozzo torna a presentare una parete in roccia viva. A -73 si apre, in direzione Ovest, una caverna concrezionata con un bacino d'acqua sul fondo, Verso Est, invece, un diedro di roccia rinserra la frana, dove l'aria indica la prosecuzione.
Dopo un pozzo artificiale di 8m (quota -92), la cavità continua con delle fessure in roccia viva, nelle quali viene "costruito" un pozzo di 5m, poi uno di 4 ed uno di 8. Vengono così superati i 100m di profondità. Gli scavi proseguono in pozzi strettissimi fino a -132, dove si incontra una cavernetta nella quale viene scavato un cunicolo che sbocca su un ampio pozzo di 45m (che verrà intitolato a Carlo Milic, proprietario del terreno in cui si apre la cavità), che chiude sul fondo. Qui, dopo uno scavo in una nicchia laterale, da cui sembrava provenire l'aria, si apre un secondo grande pozzo, di 48m, dedicato a Federico Tietz, speleologo della Commissione Grotte tragicamente morto durante un'escursione di torrentismo.
Alla base del pozzo Tietz viene aperto un pozzo di 8m che porta ad una fessura che raccoglie le abbondanti acque di stillicidio. Aperto un cunicolo artificiale di una dozzina di metri, si giunge ad una serie di piccoli pozzi a cui segue una galleria, larga 4m ma alta pochi centimetri, intasata da argille, sabbia, roccia e depositi concrezionali. Dopo averla disostruita, si giunge in un'ampia caverna sul cui fondo scorre il fiume Timavo. Questa grande sala, attraversata per un centinaio di metri dal corso d'acqua, è dedicata a Saverio Luciano Medeot, speleologo triestino attivo negli anni '30.
Dalla caverna Medeot, il fiume è stato risalito ad Est, lungo una galleria larga ma non molto alta, sino ad un secondo salone interamente occupato da un profondo lago. Il salone è stato dedicato ad Antonio Polley, ingegnere e possidente di Sesana che, alla fine del 1800 e nei primi anni del '900, si dedicò alla ricerca di una nuova via che portasse al fiume sotterraneo.
Nella caverna Medeot, il fiume termina, ad Ovest, in un lago in cui è stato individuato il sifone d'uscita, percorso da uno speleosub per un breve tratto: oltre, la galleria allagata prosegue molto ampia ed in accentuata discesa. Nell'acqua, che anche in regime di magra scorre vorticosamente, sono stati visti dei protei ed un paio di pesci.