2 | Grotta Gigante
Nomi e numeri catastali
Nome principale: Grotta Gigante
Nome principale sloveno: Briškovska jama
Numero catasto: 2
Numero catasto locale: 2VG
Numero totale ingressi: 1
Ingresso principale
Data esecuzione posizione: 31/12/2000
Affidabilità posizione: 2º gruppo riposizionamento regionale GPS (2000)
Presenza targhetta: No
Area geografica: Carso Triestino
Comune: Sgonico / Zgonik
Area provinciale: Trieste
Metodo rilevamento: STRUMENTALE -> GPS differenziale
Lat. WGS84: 45,70988008
Lon. WGS84: 13,76456679
Est RDN2008/UTM 33N: 403838.982
Nord RDN2008/UTM 33N: 5062556.164
Quota ingresso: 275 m
Caratteristiche
Sviluppo planimetrico: 719 m
Profondità: 252 m
Dislivello totale: 252 m
Quota fondo: 23 m
Descrizione dei vani interni della cavità
E' sita nel comprensorio turistico di Borgo Grotta Gigante, frazione del comune di Sgonico (Provincia di Trieste).
Si compone principalmente di una grande sala - quella che la caratterizza e per la quale è stata inserita nel Guinness dei primati - cui si accede per due ampie gallerie, ultimi resti di un grosso sistema idrografico carsico sotterraneo che migliaia di anni fa inghiottiva due torrenti di notevole portata. Varie gallerie, non aperte alla visita del pubblico, si dipartono dagli ambienti principali, mentre la Sala dell'Altare, ampia cavernosità posta all'estremità della caverna principale, costituisce ora il punto di sosta durante la visita.
L'ingresso cosiddetto Alto (per il turista è l'uscita) immette in una galleria, già abitata in epoca preistorica, che sbocca quasi sulla volta della grande caverna; la galleria presenta una prima diramazione a SE - la Galleria dell'Argilla - dapprima molto ampia e poi, in corrispondenza di un grosso deposito di argille rosse, bassa e larga. Una seconda diramazione si apre a un paio di metri dal suolo, sulla parete ovest, pochi metri prima di giungere al terrazzo del Belvedere; si tratta di una galleria concrezionata, in discesa, che termina con una colata stalagmitica alla cui base è stato aperto un passaggio che immette in ulteriori piccoli vani, in parte concrezionati, sul cui fondo è stato notato un grosso deposito di ossa animali. Sul lato opposto della Grande Caverna, un po' più in basso del Belvedere, si apre il portale della Galleria Nuova che si addentra in direziono Sud e che ora raggiungibile comodamente alla fine della galleria artificiale.
LE ESPLORAZIONI:
La grotta fu visitata già nei tempi preistorici, come è provato dai resti che vanno dal neolitico all'età del ferro, rinvenuti nell'Ingresso Alto e sul cono detritico, frequentazione che continuò anche in tempi, come provato dal ritrovamento di monete romane sia sul cono detritico, che - cosa ancora non spiegata - nella Sala dell'Altare.
In tempi più vicini a noi la grotta è stata utilizzata dall'esercito austriaco, che nel corso della Grande Guerra vi sistemò una centrale telefonica, e dagli abitanti del vicino villaggio come rifugio durante il secondo conflitto mondiale.
Per quanto attiene l'esplorazione speleologica vera e propria è assodato che la Gigante venne esplorata nella primavera del 1840 da Antonio Federico Lindner, nel corso delle sue ricerche volta a reperire l'acqua del Timavo da utilizzare per l'acquedotto di Trieste. Successivamente, sempre con lo stesso scopo, venne discesa da Giovanni Sigon che, stando a quanto raccontato dall'ingegner Sforzi, rischiò la vita per la rottura della campata di cento metri di scale di corda utilizzate. Nel 1852 pare che la cavità sia stata visitata (ma non si sa sino a dove) dagli ingegneri che stavano costruendo la "Ferrovia Meridionale", preoccupati per la tenuta della volta della grande caverna.
Nel 1887 un gruppo di soci del Comitato Grotte dell'Alpina riscoprì l'Ingresso Alto e visitò la grotta sino al pozzo di cento metri, arrestandosi per mancanza di materiali; gli stessi la visitarono compiutamente e la rilevarono nell'aprile 1890, scendendo però attraverso il secondo ingresso (quello che ora si trova sotto il Museo Speleologico) che presenta soltanto un pozzo di una quarantina di metri. Qualche anno più tardi la grotta venne riesplorata - scendendo da pozzo di cento metri - dai grottisti del Hadesverein, gruppo speleologico costituito fra studenti delle scuole superiori di lingua tedesca. Gli stessi tornarono nella grotta per l'assunzione dei piani topografici nel 1894. La profondità allora dichiarata da Giovanni Andrea Perco - uno dei più forti e preparati esploratori del gruppo - fu di 160 metri, con 380 di sviluppo. Poi, per quasi mezzo secolo, non si hanno notizie di ulteriori scoperte.
Nel 1940 un'ardita (e spericolata) arrampicata di Giorgio Coloni sopra il Pulpito che si trova alla fine della Grande Cengia permise di raggiungere la Galleria Nuova, una galleria, graziosamente concrezionata, pressoché orizzontale e rettilinea e lunga una settantina di metri. Sempre Coloni e i suoi compagni riuscirono, con una breve traversata, a pervenire in una piccola sala posta oltre il pozzo che delimita a Sud Ovest la Sa/a dell'Altare.
Passata la guerra, nel 1950 venne dato mano all'esecuzione di un nuovo rilievo che ridusse la profondità della cavità a 119 metri su di uno sviluppo di 453. In quell'occasione la Grotta Gigante venne investigata con estrema cura e sopra il Pulpito venne raggiunta, da Giorgio Coloni, la Galleria Nuovissima, una bassa galleria in leggera salita lunga una ventina di metri e chiusa al suo termine da una potente colata calcifica. Nello stesso periodo venne esplorato e rilevato un pozzo di una decina di metri, rivelatesi cieco, aprentesi sulla parete presso la porta d'ingresso.
Negli anni '60 una campagna di scavi al termine della diramazione di sinistra dell'Ingresso Alto, condotta sotto la direzione di Marino Vianello e Tullio Tommasini, permise di forzare un grosso deposito di argilla e di raggiungere quindi una bassa e larga galleria lunga 65 metri. I giovani della Commissione, sempre alla ricerca di nuovi ambienti che potessero arricchire la Grotta Gigante, in quel decennio si impegnarono con traversate, risalite di camini, saggi di scavo in più siti, ma sempre senza fortuna. Ultima scoperta in ordine di tempo è stata la riscoperta, dovuta alle ricerche bibliografiche di Fabio Forti, di una breve galleria - una dozzina di metri - posta sulla parete destra dell'Ingresso Alto, già vista e descritta dal Perco cent'anni or sono, ma ignorata da tutti gli speleologi che si sono interessati alla cavità in questi cent'anni; sul fondo di quest'ultima le guide ausiliario della Grotta (M.P. Zay e R. Colucci) hanno aperto nel 2000 un ulteriore piccolo ramo sul cui fondo si trova un deposito di ossa.
LA TURISTICIZZAZIONE:
L'apertura ai turisti di questa bella grotta turistica, la quarta del territorio di Trieste di allora (dopo la Grotta di Corgnale, la Grotta di San Canziano e la Grotta Clementina) risale al 5 luglio del lontano 1908 ed è avvenuta con grandi feste, bandiere, musica e intervento di folto pubblico e autorità civili e militari. L'iniziativa si dovette allora al Club dei Touristi Triestini, che dopo aver acquistato i terreni in cui si aprono gli ingressi (all'iniziale e a quello secondario se ne era aggiunto un terzo, quello che - allargato artificialmente - costituisce l'ingresso attuale), nell'agosto 1905 diede inizio ai lavori di sistemazione, lavori che prosciugarono i bilanci del Club condizionandone per mezzo decennio l'attività. Dopo la prima guerra mondiale il Club non è stato in grado di proseguire la sua attività e dovette sciogliersi; i suoi beni, fra cui la Grotta Gigante, vennero rilevati dalla Società Alpina delle Giulie che acquistò o rilevò pure le altre grotte turistiche della provincia (San Canziano, Corgnale, Sottocorona, Grotta del Fumo).
La gestione di un così vasto parco sotterraneo costrinse la dirigenza dell'Alpina di allora a fare delle scelte precise ancorché sofferte, privilegiando gli investimenti nel complesso di San Canziano - di gran lunga il più interessante non solo speleologicamente ma anche turisticamente - per cui le altre grotte, Gigante compresa, vennero se non trascurate (l'Amministrazione delle Grotte curava, al pari di quella dei Rifugi, tutte le cavità) perlomeno non valorizzate come sarebbe stato auspicabile. La Grotta Gigante in questo periodo era oggetto di alcune manifestazioni annuali ("Illuminazioni popolari"), per il rimanente dell'anno ai rari turisti le guide venivano fornite dall'oste di Borgo Grotta Gigante (per un periodo Hrovatin-Corbatti, più spesso Milic).
Con i nuovi confini derivati dal trattato di pace del 1947 l'unica grotta turistica rimasta all'Alpina è stata la Grotta Gigante, cenerentola del parco ipogeo nel ventennio precedente. La sua riapertura al pubblico suscitò non poche perplessità nel seno della dirigenza dell'Alpina di quegli anni duri e bui: l'altopiano non era considerato del tutto sicuro, erano ancora vive molte tensioni legate agli anni drammatici della guerra, il futuro stesso della città di Trieste sembrava in forse. C'è voluto il molto coraggio di alcune persone (Bruno Boegan, Carlo Finocchiaro, Carlo Chersi) che, contro il parere della maggioranza (buona parte del Direttivo compreso) e con l'aiuto disinteressato di giovani volonterosi della Commissione Grotte (Giorgio Coloni, Fabio Forti, Tullio Tommasini, Franco Leani, Stelio Quarantotto, per citarne alcuni), tentarono l'azzardo ricorrendo ad un prestito presso la Cassa di Risparmio. La riapertura della grotta - illuminazione straordinaria del 25 settembre 1949 - fu un successo notevole, che segnò - almeno a leggere le cronache di quei giorni - la vera fine della guerra e la riapertura del Carso ai triestini.
Da quel giorno la Commissione Grotte, che ne ebbe in carico la gestione nel periodo fra le due guerre e che puntò tutto sulla sua riapertura, ha dedicato buona parte della sua attività organizzativa, tecnica e manuale alla Grotta Gigante. Furono rifatti i sentieri (portando nella cavità, a spalla, tonnellate di ghiaia), riparate le ringhiere, risistemati gli impianti di illuminazione ad acetilene (quanti quintali di carburo sono stati portati laggiù, sempre a spalla!) mentre le illuminazioni popolari si susseguivano al ritmo di quasi una al mese: le statistiche dei primi quarant'anni di attività turistica della Grotta, pubblicati su un vecchio numero di Alpi Giulie, stanno a dimostrare come il grosso impegno profuso dagli uomini della Commissione sia stato ripagato.
Ma i tempi cambiano e nella seconda metà degli anni '50 la dirigenza della Commissione Grotte decise di rischiare un primo salto di qualità dotando la grotta di un impianto di illuminazione elettrica. Il primo esperimento fu fatto con il denaro avuto in prestito dal socio Luciano Saverio Medeot, da poco rientrato dal Venezuela; l'impianto definitivo fu portato a termine nel 1957 con il contributo finanziario dell'Ente Provinciale per il Turismo, che saggiamente vide nella grotta un possibile grosso polo di sviluppo turistico futuro. Qualche anno dopo, viene iniziata, sempre con il contributo dell'Ente Provinciale per il Turismo, la costruzione delle palazzine della Biglietteria e del Museo Speleologico: è il secondo salto di qualità, perché con l'attivazione delle due strutture viene istituito il servizio di custodia e assunta una guida fissa, cosa rivelatasi più che necessaria perché il servizio guide gestito dalla trattoria del paese non era più in grado a far fronte al notevole aumento dei visitatori. Contemporaneamente è stato dato l'avvio al rifacimento di alcuni tratti dei sentieri e alla sostituzione delle ringhiere che più mostravano i segni della loro cinquantennale permanenza in grotta.
Questi lavori, però, erano considerati dalla dirigenza della Commissione - e in particolar modo dal suo presidente Finocchiaro e dal Direttore della Grotta Forti - soltanto dei palliativi: le notevoli prospettive di sviluppo della cavità imponevano di "pensare alla grande" pianificando le iniziative con programmi articolati nel tempo. Uno dei maggiori problemi che poneva la gestione del servizio era l'incrociarsi delle comitive che entravano con quelle che uscivano lungo le scalinate, con notevoli disagi, confusioni e rallentamenti. La soluzione fu intravista nella costruzione di un sentiero, in parte corrente lungo la Cengia ed in parte ancorato a sbalzo sulla parete, che facesse uscire i visitatori dall'Ingresso Alto. Il primo progetto della nuova sentieristica è del 1963, ma la difficoltà di reperire i contributi necessari per il compimento dell'opera (divisa, data la sua mole, in più lotti) fece si che i lavori ebbero effettivamente inizio soltanto nel 1970 e si trascinarono per decenni (ci si misero di mezzo difficoltà di trovare imprese disponibili ad eseguire i lavori, il terremoto in Friuli, la necessità di ottenere nuovi finanziamenti in quanto in quel periodo i prezzi aumentavano a ritmo vertiginoso ecc.) finché nel 1996 finalmente il sentiero di raccordo fra la Cengia e l'Ingresso Alto (il "Sentiero Finocchiaro") venne inaugurato.
Ma la storia della Grotta Gigante non è finita: il completamento del Sentiero Finocchiaro, lungi dall'essere considerato una mèta, per la Commissione Grotte - validamente supportata da direttivo dell'Alpina, suo Presidente in testa - ha dato il via a nuovi lavori di sistemazione del complesso ricettivo. Finiti i lavori, durati trent'anni, della viabilità in tema è stato dato l'avvio a lavori di valorizzazione del terreno sovrastante la nuova usata, con la sistemazione di una palazzina con servizi, dei campi carreggiati ubicati nei pressi e con la bonifica della vegetazione del tratto di forra che dall'Ingresso Alto conduce all'esterno.
LE RICERCHE SCIENTIFICHE:
Ma non solo turismo si è fatto nella Grotta Gigante, ma anche studi e ricerche, a partire da quella sulla preistoria. In questo settore le prime ricerche furono fatte da Perco che nel 1897 raccolse ceramica, selci, ossa di animali (fra cui anche Orso Speleo), seguite da quelle svolte da Karl Moser qualche anno dopo, di cui però non si sa ancora molto. Gli studi in materia vennero ripresi negli anni '60 da Stradi e l'Andreolotti che, indagando sia sul grande cono detritico (sconvolto dai lavori per la sistemazione dei pendoli) che nel vestibolo dell'Ingresso Alto, hanno portato alla luce reperti umani dell'età del bronzo.
Mentre la stazione preistorica della Gigante si può, per ora, considerare una delle tante di cui è ricco il Carso, altri studi condottivi la hanno fatta divenire un centro di ricerca di notevole importanza, tale da costituire per alcune materie specifiche un punto fisso di riferimento.
Ha iniziato negli anni '50 Silvio Polli, dell'Istituto Talassografico di Trieste, con la meteorologia ipogea, studiata nella cavità nel corso di più adi pluriennali oltre che dal Polli stesso da altri soci della Commissione quali Fabio Forti, Tullio Tommasini, Fulvio Gasparo. Per avere dei dati di controllo e di riferimento sicuri negli anni '60 è stata installata presso la biglietteria della grotta una regolare stazione meteorologica esterna che raccoglie da ormai trent'anni i dati meteoclimatici essenziali del Carso triestino centrale. A fianco di questi sono stati portati a termine studi sul chimismo delle acque di percolazione e sull'accrescimento delle stalattiti.
Poco dopo l'inizio degli studi del Polli la Gigante è stata interessata da un esperimento di rilevamento fotogrammetrico eseguito a cura di Antonio Marussi a cui è seguita, sempre a cura del Marussi e per conto dell'Istituto di Geodesia dell'Università di Trieste, la sistemazione nella grande caverna da di una coppia di pendoli orizzontali per la misurazione delle deformazioni dovute alle maree terrestri e - come si è scoperto dopo, proprio grazie ai pendoli - ai movimenti delle acque nella compagine calcarea del Carso (le piene dei fiumi sotterranei) e all'accumulo delle nevi sulle Alpi. Mentre il Polli per le sue osservazioni, durate più anni, si è avvalso di una serie di stazioni ubicate in varie parti della grotta, per la ospitare la strumentazione del Marussi si è dovuto erigere sul fondo della caverna un apposito fabbricato: oggi sono visibili al pubblico soltanto i grossi tubi di plastica che fasciano i cavi, ancorati al soffitto della cavità, che sostengono i pendoli.
Qualche anno dopo l'installazione dei pendoli sul fondo della grotta sono stati sistemati, a cura dell'Osservatorio Geofisico Sperimentale di Trieste, alcuni sismografi in grado di registrare sommovimenti tellurici anche di minima intensità. La strumentazione è stata posta in una nicchia scavata presso le lapidi che ricordano i maggiori esponenti della Commissione Grotte, fuori dal percorso turistico normale.
Ultimo impegno scientifico, in ordine di tempo, che coinvolge la Grotta Gigante è il laboratorio all'aria aperta per lo studio sulla dissoluzione dei calcari: non lungi dall'ingresso sono state sistemate una ventina di colonne sorreggenti ciascuna un campione di calcare proveniente da varie località italiane. Le misurazioni, in corso da parecchi anni, hanno già fornito agli studiosi dati di un certo interesse.
Sempre cultura, anche se non ricerca, viene fatta attraverso il Museo di Speleologia inserito a pieno diritto nel complesso turistico della grotta. Si tratta di una palazzina in cui sono sistemate varie vetrine che illustrano al visitatore la struttura del Carso, la tecnica di esplorazione delle grotte nel suo evolversi nel tempo, campioni della fauna ipogea e reperti preistorici provenienti da grotte del Carso, il tutto con un percorso breve da di estrema semplicità e chiarezza didattica.
REVISIONE DEL RILIEVO SAG - CGEB 10/12/2006:
Partendo dalla base del vecchio pozzo di 32 metri (rivalutato da 28,8 metri), un primo cunicolo completamente scavato immette in una piccola sala, da dove iniziano una serie di verticali (P10, P12,5 ) molto concrezionate .Alla base del P12,5 si apre un ambiente di 5x5 metri sovrastato da un grosso camino, da cui scende una cospicua cascata d'acqua. Un ulteriore cunicolo sbocca sul P16,5. In questo pozzo a 5 metri da terra si apre una finestra: facendo una risalita di 7 metri si arriva ad un pozzo camino parallelo al precedente senza possibilità di prosecuzioni.
Alla base del P16,5 una galleria in discesa conduce alla partenza del P31,5, che all'inizio è molto concrezionato e da metà cambia morfologia diventando eroso ed attivo. Alla sua base un ultimo salto di 5 metri con molta acqua chiude questa parte. A 10 metri dal fondo una finestra immette ad un cunicolo di 6 metri, che sprofonda nel pozzo più fondo del ramo nuovo, P38,5, molto ampio e completamente eroso. Segue un ultimo P9 e un cunicolo di 8 metri fino alla massima profondità della cavità -252 metri (a 18 metri dal livello di base). Nel cunicolo finale i lavori di ampliamento sono tuttora attivi (dicembre 2006).