1255 | Grotta del Dio Mithra
Nomi e numeri catastali
Nome principale: Grotta del Dio Mithra
Nome principale sloveno: Mitrejeva jama
Numero catasto: 1255
Numero catasto locale: 4204VG
Numero totale ingressi: 1
Ingresso principale
Data esecuzione posizione: 31/12/1999
Affidabilità posizione: Corretto
Presenza targhetta: Si Area geografica: Carso Triestino Comune: Duino Aurisina / Devin Nabrežina Area provinciale: Trieste Metodo rilevamento: STRUMENTALE -> GPS differenziale Lat. WGS84: 45,7842836 Lon. WGS84: 13,59791334 Est RDN2008/UTM 33N: 391012.342 Nord RDN2008/UTM 33N: 5071036.229 Quota ingresso: 46 m
Caratteristiche
Sviluppo planimetrico: 21 m
Profondità: 5,5 m
Dislivello totale: 5,5 m
Quota fondo: 40,5 m
Breve descrizione del percorso d'accesso
La grotta si trova in una piccola dolina dalle pareti scoscese. 50m a monte della superstrada. all'altezza del cimitero di Duino e di San Giovanni di Duino
Descrizione dei vani interni della cavità
La grotta fu scoperta nel 1963 da alcuni speleologi della Commissione Grotte; allora la grotta era ingombra di pietrame di grosse dimensioni che in qualche punto giungeva a toccare la volta
La descrizione che segue risale all'epoca delle prime esplorazioni ed è stata redatta da Mario Galli:
"Il primo ingresso è un ampio portale alto circa 1m e largo oltre 7m, diviso in due da un cumulo di grosse pietre. La seconda apertura è costituita da un foro strettissimo che si apre sull'orlo meridionale della dolina e che immette nella cavità con un pozzetto di 2,5m. La cavernetta, accessibile in qualche tratto con difficoltà a causa delle sue piccole dimensioni, è probabilmente il residuo di una cavità di proporzioni ben maggiori che ha subito un colossale riempimento di detriti; essa rappresenta la parte superiore di una galleria anticamente percorsa dalle acque, la cui parete ha ceduto in corrispondenza di qualche fratturazione, dando luogo all'attuale imbocco, ampliandosi con il succedersi dei fenomeni di crollo. Il suolo infatti è costituito da un grande cumulo di terra e pietra che in più punti raggiunge la volta, lievemente digradante verso la parete orientale, dove lascia, sotto volta, una fessura impenetrabile. Poche tozze concrezioni, in parte semisepolte, ornano la parte meridionale della cavità, dove più scomodo è l'accesso in quanto per alcuni metri la cavernetta è alta appena 30-50cm. La parte più spaziosa della cavità è quella settentrionale. Proseguendo oltre il cumulo di massi che divide in due l'entrata, si giunge in un vano di dimensioni più ridotte del precedente e che è la sua continuazione. Successivamente, superando un basso passaggio si giunge alla base del pozzetto menzionato." In considerazione del fatto che la grotta era ubicata in un'area già nota per la presenza di vestigia romane, e che quindi poteva rappresentare un interessante sito archeologico, venne iniziato lo sgombro del materiale detritico che riempiva quasi completamente la cavità. Durante i lavori di disostruzione la Commissione Grotte portò alla luce alcuni reperti attribuibili all'epoca romana e quindi i lavori vennero immediatamente sospesi; successivamente vennero ripresi dalla Sezione Scavi e Studi di Preistoria Carsica "R.Battaglia" della Commissione Grotte, limitatamente ad una zona di 5m x 2m situata sotto la parete sinistra (entrando), nella quale si erano trovati i reperti attribuibili all'epoca romana. I signori Stradi, Andreolotti e Gombassi della Commissione Grotte eseguirono alcuni scavi d'assaggio. Lo scavo venne approfondito nel suolo sottostante il detrito e furono rinvenuti numerosi resti archeologici tardoromani, tra i quali un pilastrino con un'iscrizione incompleta, vari frammenti di bassorilievo, resti di vasellame, numerose lucernette e 98 monete, in parte non classificabili per lo stato di deterioramento, e una pietra cubica di 50cm di lato, che rappresenta con tutta probabilità l'ara sulla quale avevano luogo i sacrifici. Constatata l'importanza dei ritrovamenti i lavori vennero sospesi e ne fu data relazione alla locale Soprintendenza ai Monumenti, Gallerie ed Antichità che riprese gli scavi senza però trovare reperti significativi; si rinvennero ancora alcuni piccoli frammenti della stele votiva ed altre monete, non diverse da quelle già raccolte. Tutto il materiale archeologico fu portato al nel Museo di Aquileia. Gli oggetti messi in luce hanno permesso di stabilire che la cavità ospitava un tempietto ipogeo dedicato al Dio Mithra, il cui culto si era diffuso nell'Impero tra la metà del III e la fine del IV secolo e le monete raccolte, tranne una più antica, si riferiscono appunto a tale periodo.
Al di sotto dello strato romano si estende un deposito preistorico intaccato con il livellamento del suolo all'epoca dell'adattamento a luogo di culto; i residui del cocciopesto che costituiva la pavimentazione inglobano infatti qualche resto ceramico dell'età dei castellieri. Con l'avvento del Cristianesimo e la proibizione dei culti pagani il tempio venne abbandonato e forse anche devastato e sulle rovine andarono a depositarsi, in quindici secoli, detriti e terreno organico. Nel corso della prima guerra mondiale tutte le cavità della zona subirono adattamenti di vario genere, ma fortunatamente la caverna venne a trovarsi, sia pur per pochi metri, al di là della linea difensiva austriaca che correva lungo la vicina ferrovia, sfuggendo in tal modo alla devastazione a cui andarono incontro altre grotte di interesse preistorico, come la Grotta Fioravante (411/939VG) e la Grotta di Visogliano (80/414VG). Negli anni 1971 e 1972, l'Istituto di Antichità Alto Adriatico effettuò nella parte meridionale della cavità un altro scavo, questa volta nell'intento di acquisire cognizioni sul deposito preistorico, la cui esistenza era stata accertata nel corso delle precedenti indagini. La successione stratigrafica ed i reperti risultarono analoghi a quelli messi in luce in altre grotte del Carso triestino e non furono rinvenuti quei livelli paleolitici che la particolare situazione della cavità aveva fatto ritenere probabili; la trincea ora si esaurisce in uno strato di crostoni stalagmitici ed argilla sterile alla profondità di circa 3m. Gli scavi praticati nella cavità hanno mutato radicalmente l'aspetto della medesima. Ne è risultato un ambiente più spazioso, ma con il materiale di scarto sono stati ostruiti molti passaggi laterali sotto parete, nei quali era possibile avanzare per un buon tratto in varie direzioni; la volta soprastante l'imbocco, giudicata pericolante, è stata fatta crollare con le mine, ottenendo così anche una maggiore illuminazione dell'antro. Attorno all'ingresso è stato eretto un recinto munito di un cancello per evitare gli scavi abusivi e le chiavi sono custodite dalla Soprintendenza.