125 | Grotta di Boriano
Nomi e numeri catastali
Nome principale: Grotta di Boriano
Numero catasto: 125
Numero catasto locale: 135VG
Numero totale ingressi: 2
Ingresso principale
Data esecuzione posizione: 31/12/2006
Affidabilità posizione: Corretto
Presenza targhetta: Si Area geografica: Carso Triestino Comune: Duino Aurisina / Devin Nabrežina Area provinciale: Trieste Metodo rilevamento: STRUMENTALE -> GPS differenziale Lat. WGS84: 45,77037482 Lon. WGS84: 13,71928361 Est RDN2008/UTM 33N: 400421.953 Nord RDN2008/UTM 33N: 5069332.604 Quota ingresso: 243,6 m
Caratteristiche
Sviluppo planimetrico: 200 m
Profondità: 21 m
Dislivello totale: 21 m
Quota fondo: 227,6 m
Descrizione dei vani interni della cavità
Questa importante cavità era nota da lungo tempo agli abitanti di Boriano, ma la prima visita di cui si ha notizia certa è quella effettuata nel 1898 dalla Società Alpina delle Giulie; l'anno successivo Giuseppe Sillani ne effettuò il rilievo e nell'ultima sala sono ancora visibili le sigle e la data tracciate in quella occasione.
Con l'arretramento del confine italo-jugoslavo la grotta venne considerata perduta e appena nel 1959 si accertò che l'ingresso era tuttora in territorio italiano, sia pur per pochi metri: l'accedervi però richiese molta attenzione e per non valicare la linea di confine è necessario scendere per una scarpata laterale coperta da rovi, mantenendosi al di qua del paletto di confine.
L'attuale imbocco non è quello scavato dalle acque che hanno formato la caverna e si è aperto in epoca successiva sul fianco della stessa; una volta entrati si percorre un ambiente spazioso, dal suolo in ripida discesa, nel quale si intravedono subito ricche formazioni calcitiche e massi di crollo. Dopo un tratto ascendente la cavità continua con una tetra galleria interamente occupata da un caotico accumulo di blocchi enormi e lastre staccatesi dalle pareti e dalle volte, sui quali si procede con cautela in leggera discesa. Il materiale di frana si esaurisce in corrispondenza di una stozzatura, al di là della quale la grotta muta completamente aspetto: il suolo diviene orizzontale ed è costituito da un crostello stalagmitico, nel quale sprofonda una cavità a forma di marmitta che è possibile aggirare lateralmente. Più avanti le dimensioni della cavità aumentano e le concrezioni coprono ogni anfratto, creando sul pavimento dei grandi bacini colmi di limpidissima acqua. Superati altri due pilastri che formano una specie di portale, si entra in una grande caverna nella quale si ergono, sul lato destro, numerosi ed imponenti gruppi colonnari e stalagmitici che digradano verso la parete Sud. Nella parte terminale della sala si nota che il crostone calcitico è stato spezzato, incontrando un banco di argilla che è stato scavato per qualche metro, nel tentativo di scoprire altri vani. Lo scavo è stato effettuato nel corso della prima guerra mondiale ed infatti sulle concrezioni vi sono varie sigle e date degli anni tra il 1914 ed il 1917, durante i quali gli austriaci considerarono la possibilità di adattare la grotta a ricovero militare, come venne fatto per altre caverne vicine, tra le quali la Grotta di Ternovizza.
Il nome indigeno (Vodnica Jama - Grotta dell'Acqua) suggerisce l'ipotesi che gli abitanti dei vicini paesi vi si recassero in occasione delle grandi siccità ad attingere le fresche ed abbondanti acque delle vasche alimentate da un costante stillicidio e da modeste infiltrazioni. Va notato ancora il fatto singolare che la grotta procede nel suo sviluppo parallela al fianco della collina, mentre il camino che raggiungeva la superficie, notato dal Sillani, è ora ostruito.