1113 | Grotta del Cane
Nomi e numeri catastali
Nome principale: Grotta del Cane
Numero catasto: 1113
Numero catasto locale: 328FR
Numero totale ingressi: 1
Ingresso principale
Data esecuzione posizione: 13/01/2013
Affidabilità posizione: Corretto
Presenza targhetta: Si Area geografica: Prealpi Giulie Comune: Drenchia Area provinciale: Udine Metodo rilevamento: STRUMENTALE -> GPS Lat. WGS84: 46,168178212723 Lon. WGS84: 13,631295607425 Est RDN2008/UTM 33N: 394340 Nord RDN2008/UTM 33N: 5113644 Quota ingresso: 515 m
Caratteristiche
Sviluppo planimetrico: 529 m
Dislivello positivo: 15 m
Dislivello totale: 15 m
Quota fondo: 515 m
Breve descrizione del percorso d'accesso
La grotta si trova risalendo il bosco lungo l'ultimo rio prima di giungere all'abitato di Paciuch, dove la strada di apre in un piccolo parcheggio. Questo rio fuoriesce dalla grotta stessa, che si trova ai piedi di una piccola parete rocciosa, sotto ad un grande pino.
L'ingresso si apre a forma di caverna a 3 metri dalla base di una parete verticale. Ha una lunghezza di 4 metri ed un'altezza massima di 2,2 m. è facilmente raggiungibile con una semplice arrampicata. La grotta si sviluppa in un banco di conglomerato poggiante su uno strato di flish di diverse decine di metri di spessore. Al momento della verifica della posizione, la parte iniziale della grotta risultava abitata da due pipistrelli, diversi opilionidi e nuvole di limonia nubeculosa.
Descrizione dei vani interni della cavità
La grotta si presenta come una risorgiva permanente, che si sviluppa quasi interamente lungo un ramo principale sul fondo del quale scorre il torrente interno, le cui acque sono presenti per quasi tutta la lunghezza della grotta.
All'inizio si trova un meandro abbastanza ampio, tale da permettere allo speleologo di procedere in posizione eretta; per le prime decine di metri l'acqua è assente, all'abbassarsi della volta della galleria si incontra il torrente. Da questo punto la grotta assume l'aspetto che conserverà per tutta la sua lunghezza: un'altezza media di 40cm, la maggior parte dei quali occupata dall'acqua, ed una larghezza che varia da 1 a 3m. La prosecuzione è ulteriormente ostacolata dalla presenza di concrezioni sul fondo della grotta, che formano una sorta di piccoli ponticelli disposti trasversalmente alla galleria.
Dopo 200m si giunge in un piccolo vano asciutto, dal quale la galleria prosegue per alcune decine di metri senza più seguire il torrente. In questo breve tratto la grotta cambia morfologia, assumendo il tipico aspetto di un meandro fossile, largo circa 1m e lato 2-4m. Poco dopo aver nuovamente incontrato il torrente si trova l'unica biforcazione della grotta: sulla sinistra risalendo una piccola venuta d'acqua, attraverso un breve meandro, si arriva in un'ampia sala. Questo ambiente, il cui fondo è interamente occupato da un laghetto profondo circa 1m, è il più ampio della grotta, misurando 4m X 8m x 10m di altezza, ed è caratterizzato da alcune concrezioni molto spettacolari.
Il ramo principale prosegue risalendo il torrente sul fondo del meandro e assume nuovamente l'aspetto caratteristico di una galleria larga e molto bassa. A questo punto inizia la parte più difficile della grotta per la presenza di alcuni passaggi semi-sifonanti molto bassi, il più lungo dei quali misura ben 30m. Successivamente si arriva in un meandro, alto circa 3m, dove si vede uscire il torrente da un piccolo sifone. Questo può venire superato risalendo il meandro per circa 3m e percorrendo quello che, evidentemente, era il vecchio ramo attivo. Dopo aver percorso pochi metri ci si trova di fronte ad un salto di circa 4m, sul cui fondo un piccolo laghetto pone fine della cavità.
Questa grotta con i suoi 529m di sviluppo è la terza per estensione delle Valli del Natisone.
Una nota tratta da Leben (1967) riporta che "nel vestibolo della grotta, sin dove arriva la luce diurna, sono stati trovati, a 30cm dalla superficie, resti di carboni e di ossa animali". Non lungi da questo punto sono state trovate altre ossa con frammenti di un grande vaso liscio e rotondo dalla bocca stretta e fondo non rilevato (Desio 1920, 28). Sul dorso porta un piccolo manico e rilievi plastici che si incrociano fra di loro. Il recipiente si avvicina tipologicamente alle forme presenti nel tardo neolitico padano. Analogie tipologiche con questo recipiente le troviamo nel Ciondar del Paganis, dove hanno presumibilmente trovato - tra l'altro - anche reperti del tardo neolitico (Feruglio 1916, 3).